Oggi si definisce leader chi sa guidare i propri collaboratori verso il conseguimento dei loro traguardi, sviluppare il loro potenziale, scoprirne e consolidarne le competenze. Per raggiungere tale risultato, i manager devono sviluppare una leadership personale e organizzativa che consenta loro di porsi responsabilmente alla guida del proprio team e portarlo al successo tramite il raggiungimento degli obiettivi individuali e aziendali. Infatti, solo creando un team collaborativo che sposi la meta aziendale, l’impresa può raggiungere livelli elevati di qualità e produttività.
Il presidente americano Eisenhower definì la leadership come «la capacità di decidere ciò che va fatto e di fare in modo che gli altri desiderino farlo». Il leader, quindi, deve saper prendere una decisione e dimostrare agli altri di essere sicuro di quanto stabilito. Facendo ciò, il leader non deve imporsi, ma essere autorevole agli occhi dei propri collaboratori. Solo così questi ultimi potranno essere motivati ed essere i primi a mostrare entusiasmo verso una specifica mansione.
Leader si nasce o si diventa?
Non si diventa leader leggendo un libro o frequentando un seminario di due giorni. Quello della buona leadership è un percorso lungo e da costruire.
È vero che ci sono persone, quali imprenditori, manager, gestori di persone, dotate di un carisma naturale capace di creare entusiasmo e trascinare gli altri. Tuttavia, questo fattore non è sufficiente. Oltretutto, la storia è piena di leader che hanno abusato del loro carisma.
La leadership, insomma, è un’abilità da costruire con gli anni. Frequentare corsi di formazione è un ottimo aiuto, se supportato dall’osservazione consapevole delle dinamiche che si attivano sul luogo di lavoro.
Quando si parla di Leadership è utile soffermarsi nello specifico sul tema della motivazione del personale, considerata da Claudio Catalano Psicologo, come il cuore della gestione dei collaboratori. E’ il cardine attorno a cui ruota la Leadership di un manager.
Le tipologie di leadership
L’argomento è molto studiato ed esistono diverse teorie a riguardo. Kurt Lewin, psicologo tedesco, pioniere della psicologia sociale, suddivide i leader in tre classi: democratico, autoritario, laissez-faire (traducibile in “permissivo”).
Daniel Goleman, psicologo e autore di diversi libri sull’intelligenza emotiva, propone un’ulteriore classificazione. Egli individua, in particolare, un leader democratico, uno partecipativo, l’altro visionario. E poi, il leader coach, quello autoritario, il battistrada. Questa tassonomia fornisce definizioni facilmente osservabili all’interno delle aziende.
Nonostante le tipologie più frequenti siano la leadership autoritaria e quella debole, nelle aziende si trovano anche tanti leader democratici, che stimolano le persone a esporre le proprie opinioni e che coinvolgono i lavoratori che si relazionano nel modo giusto.
Il leader permissivo, o debole, invece, non prende decisioni, le procrastina e rimanda. È quello che a volte si fa sottomettere dai suoi collaboratori, è generalmente concessivo e non fa rispettare le regole. Questo accade perché molto spesso egli non si sente legittimato all’esercizio del proprio ruolo, conferitogli a sua volta da un superiore.
All’opposto si trova il leader autoritario, quello che non saluta i suoi collaboratori quando entrano in ufficio la mattina, quello impositivo, direttivo, che rimprovera e grida. Rientrano in questa categoria anche coloro che non ascoltano i pareri dei collaboratori né tantomeno sono interessati alla loro opinione.
Come capisco se sono un buon leader?
Quando si parla di leadership, però, adottare un’etichetta non basta: c’è sempre bisogno di un lavoro introspettivo per raggiungere una consapevolezza di sé. Allora, chiedersi se si è un buon capo è un ottimo punto di partenza per iniziare un lavoro introspettivo e comprendere il proprio stile di leadership. Il primo passo verso una buona leadership, quindi, è chiedere consiglio ai propri collaboratori. Solo loro possono effettivamente aiutare il capo a migliorarsi costantemente.
Da un punto di vista psicologico lo stile di leadership deriva dall’attaccamento che si è creato durante l’infanzia. Chi, infatti, veniva spesso ignorato ha sviluppato col tempo una bassa autostima che si è tradotta in leadership debole. Rispetto a uno autoritario, il leader debole è molto più dannoso per l’azienda. Il primo, tuttavia, è molto forte, tanto da risultare arrogante. Si tratta, questo, di un atteggiamento di difesa sviluppato a seguito di alcuni traumi subiti in passato.
In ogni caso, un leader che crei un clima negativo è molto dannoso per l’azienda perché produce un tasso di turnover dei dipendenti molto alto. Tale clima negativo può dipendere dall’incapacità di riconoscere la propria figura di leader, il che sottolinea l’importanza di una autoconsapevolezza e di come un lavoro introspettivo sia alla base di quanto affrontato in questo articolo.