Nel gennaio 2021, l’azienda EvoForm Consulting ha condotto un’indagine sul rapporto tra la generazione Z (che comprende i nati tra il 1996 e il 2010) e l’azienda, cercando di individuare aspettative e valori ricercati dagli intervistati, tirocinanti presso la medesima azienda.
Il campione era costituito da nove individui di cui sette di sesso femminile e due di sesso maschile, di età compresa tra il 20 e i 24 anni.
Agli intervistati è stato chiesto cosa si aspetta la generazione Z dall’azienda; quali sono le aziende che sceglierebbe; come l’azienda dovrebbe attirare la generazione Z; aspettative in termini di leadership.
Alcune domande sono state guidate, dando agli intervistati la possibilità di scegliere da una lista di attributi. Altre, invece, avevano risposta libera.
Cosa si aspetta la generazione Z dall’azienda?
Nella prima categoria di domande, alla generazione Z è stato chiesto che cosa si aspetta dall'azienda. In particolare, tre sono stati gli ambiti indagati: organizzazione aziendale, ambiente di lavoro, aspetti logistici.
Come dovrebbe essere l’organizzazione?
La risposta alla domanda è stata guidata dalla proposta di una lista di attributi (pubblica, privata, piccola, grande, multinazionale, affermata, sconosciuta). Due degli intervistati non hanno espresso preferenze in merito alla distinzione tra azienda pubblica e privata. Nessuno ha espressamente scelto un’azienda pubblica.
La maggior parte degli intervistati preferirebbe lavorare per un’azienda privata, specie se di medie dimensioni e con possibilità di crescita in futuro. La grandezza dell’azienda, infatti, viene associata alla stabilità della posizione lavorativa ed economica. Inoltre, un numero piuttosto cospicuo di dipendenti viene considerato come garanzia di dinamicità dell’ambiente lavorativo. Si avrebbe infatti la possibilità di lavorare in gruppo, e di fare nuove scoperte e conoscenze (intellettuali e umane).
Tre intervistati preferirebbero lavorare per un’azienda multinazionale, che associano generalmente a una maggiore efficienza e attenzione alle esigenze del singolo. Inoltre, una multinazionale garantirebbe un certo livello di internazionalizzazione.
Quanto alla notorietà dell’azienda, sette intervistati preferiscono un’azienda conosciuta, se non addirittura affermata; una sarebbe disposta a lavorare anche per un’azienda poco nota per poter contribuire alla sua crescita; uno non ha espresso preferenze.
Come dovrebbe essere l’ambiente di lavoro?
Di nuovo, la risposta alla domanda è stata guidata dalla proposta di una lista di attributi (formale, informale, rilassato, competitivo, collaborativo, amichevole, produttivo). L’aggettivo più ricorrente è “collaborativo”.
Gli intervistati, infatti, prediligono un ambiente amichevole, in cui poter mantenere un certo livello di produttività anche grazie al lavoro di squadra. Due intervistati hanno sottolineato l’importanza di potersi confrontare con i collaboratori (specie se si sta sviluppando un progetto insieme) e di fidarsi degli stessi. Inoltre dovrebbe essere stimolante nelle possibilità di crescita e nelle mansioni proposte.
Due intervistate preferirebbero un livello minimo di competizione per essere maggiormente stimolate, senza dover primeggiare o gareggiare. La totalità degli intervistati predilige un ambiente rilassato e tendenzialmente informale. Sembrerebbe, infatti, che la generazione Z senta il bisogno di equilibrio tra formalità e informalità. L’ambiente, quindi, dovrebbe essere serio e produttivo («deve comunque sembrare un lavoro», ha detto uno degli intervistati) ma non rigido.
Dove dovrebbe essere localizzata l’azienda?
Gli intervistati hanno scelto tra due alternative: vicino o lontano al luogo di residenza. La quasi totalità degli intervistati preferisce che la sede dell’azienda sia vicina al luogo di domicilio. Così, infatti, sarebbe più facile raggiungerla con i mezzi di trasporto pubblico. La distanza massima accettabile è di un’ora.
Un intervistato sottolinea, infatti, che la vicinanza riduce la possibilità di incidenti e abbassa i livelli di stress legati al viaggio, permettendo inoltre al lavoratore di avere più tempo libero a disposizione.
Un’intervistata ritiene accettabile che il luogo di lavoro si trovi nella stessa regione di residenza, purché raggiungibile con i mezzi. Solo una persona ha espresso una preferenza per la città di Milano. Nessuno degli intervistati vorrebbe che l'azienda fosse lontana dal luogo di residenza.
Come dovrebbe essere l’orario di lavoro?
Ancora una volta, la risposta alla domanda è stata guidata dalla proposta di una lista di attributi (lungo, corto, flessibile, stabilito). Un’intervistata ha espresso la preferenza per un orario lungo (tempo pieno), tre invece preferirebbero un orario part-time.
Tre intervistate hanno scelto l’orario stabilito, così da poter organizzare al meglio i propri impegni personali (ad esempio visite mediche o impegni familiari). Un’intervistata sottolinea, però, che eccedere dalle otto ore giornaliere non dovrebbe essere una costante.
Gli altri intervistati prediligono un orario flessibile, variabile a seconda dell’attività per evitare la monotonia. Un’intervistata suggerisce infatti che «sarebbe bello sradicare le otto ore tradizionali e optare per strategie più flessibili».
Un altro intervistato suggerisce che l’orario dovrebbe essere flessibile ma non eccessivamente. Non dovrebbe infatti andare oltre l’orario di chiusura (se non per un massimo di cinque minuti). I giorni liberi, poi, dovrebbero restare tali. Il datore di lavoro, infatti, non dovrebbe togliere al lavoratore il suo tempo libero.
In quali aziende vorrebbe lavorare la generazione Z?
La seconda categoria di domande riguarda i valori che i singoli intervistati hanno e che ricercano nell’azienda. Per nessuna di queste sono stati forniti suggerimenti di risposta.
Quali valori muovono le scelte della generazione Z?
Dalle risposte sono emerse alcune costanti. In particolare, la generazione Z ricerca parità di diritti e di genere, è attenta all’ambiente e desidera poter esprimere il proprio parere.
Nel dettaglio, un intervistato sottolinea che non lavorerebbe in un’azienda in cui i sottoposti siano trattati in modo diverso tra loro («mi aspetto di essere trattato come gli altri e di vederli trattati come me»): fondamentale è il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori.
Quasi tutti desiderano un ambiente in cui sia possibile esprimere la propria individualità senza per questo essere giudicati.
Quali valori spingono la generazione Z a scegliere un’azienda?
Diversi sono i valori emersi dalle interviste. In primo luogo, la generazione Z ricerca equità e rispetto dei diritti umani e ambientali.
Gli intervistati desiderano un ambiente di lavoro dove il clima sia sereno e amichevole, positivo e non troppo rigido. Un intervistato, in particolare, ha espresso una preferenza per l’orientamento al lavoro di gruppo. In generale, dunque, la generazione Z sembrerebbe preferire un ambiente collaborativo e propenso al lavoro di squadra, in cui trovarsi a proprio agio.
Diversi intervistati individuano un valore nella possibilità di crescita, professionale e personale, per «non rimanere allo stesso livello per tutta la vita».
Inoltre, molti intervistati considerano rilevante che l'ambiente sia dinamico. Vorrebbero infatti poter svolgere lavori diversi nell’arco della settimana, per evitare le attività monotone e diversificare i compiti.
Due intervistati hanno attribuito importanza alla trasparenza con i clienti e con i dipendenti e alla meritocrazia. Anche la stabilità economica e lo stipendio sono considerati elementi di selezione non superflui.
In generale, la generazione Z reputa un valore essenziale il poter esprimere le proprie opinioni o dubbi in merito a progetti dell’azienda. È importante, infatti, poter dare il proprio parere senza venire interrotti e senza che l’idea del superiore prevalga.
Ascolto, comprensione, andare incontro alle esigenze del lavoratore se adeguatamente motivate restano fattori essenziali.
Quali elementi della personalità vorrebbe fossero messi in luce in azienda?
Di nuovo, ritorna la possibilità di esprimere la propria individualità. Oltre alla creatività, due intervistati vorrebbero veder messe in risalto le competenze tecniche e la loro preparazione universitaria, per «ritrovare nel lavoro quello che si è studiato».
Altri intervistati hanno dichiarato di voler sempre imparare cose nuove, anche a partire dalle critiche (costruttive) che vengono loro rivolte e di essere stimolati a migliorarsi quando ricevono dei complimenti o degli incoraggiamenti.
Molti degli intervistati hanno evidenziato la loro capacità di lavorare in gruppo. A questa qualità aggiungono dedizione nel portare a termine un lavoro, orientamento all’obiettivo, precisione, problem solving.
Quali strategie dovrebbe mettere in campo l’azienda per attirare la generazione Z?
In questa categoria, la generazione Z ha risposto a tre domande su come l'azienda dovrebbe contattare i futuri lavoratori. Anche per questa sezione, agli intervistati non sono state fornite liste di attributi.
Qual è il canale che la generazione Z utilizzerebbe per entrare in contatto con l’azienda?
Il canale più citato è stato LinkedIn, definito da un’intervistata «un’occasione preziosa». Seguono i canali universitari quali il portale dell’università e il servizio placement.
Un intervistato, in particolare, ha sottolineato che il passaggio dal mondo accademico a quello lavorativo può essere difficile. Per questo motivo, infatti, l’università rappresenta un’istituzione in cui il futuro lavoratore ripone fiducia.
Gli intervistati hanno scelto anche il sito web dell’azienda. Tuttavia, il sito deve essere chiaro e ben realizzato. Molto spesso, infatti, non è ben fatto e non si capisce quale sia il core business dell'azienda.
Altri canali sono il passaparola, Indeed, Instagram e altri social network, annunci sul web, pubblicità tradizionale (cartellonistica, radio, televisione). Solo un’intervistata ha nominato il portare il curriculum a mano nei negozi. Secondo lei, infatti, farsi vedere è qualcosa in più, perché fa capire l'interesse per l'azienda.
Qual è, per le aziende, il canale migliore per contattare la generazione Z?
Per la totalità degli intervistati, farsi conoscere sul web è la strategia più adeguata. LinkedIn resta la piattaforma più nominata, seguita dai social network (Instagram e Facebook in particolare) e dagli annunci sponsorizzati che compaiono sui social o su altri siti web.
Un’intervistata ha nominato la newsletter, un’altra gli annunci sui siti che raccolgono domande di lavoro. Tuttavia, questi devono essere ben fatti e aggiornati. Spesso, infatti, non si riesce a comprendere la professione per cui ci si candida.
Importante è il sito web della singola azienda e la sezione “posizioni aperte”. Il candidato, però, deve ricevere un chiaro feedback dell’avvenuta ricezione della domanda da parte dell’azienda.
A livello istituzionale, scuole e università rappresentano un canale prediletto. Per l'azienda quindi è importante farsi conoscere nelle scuole, specie per coloro che non desiderano proseguire gli studi, e nelle università (in particolare attraverso il portale universitario, le giornate dedicate alla presentazione delle aziende, lo sportello placement, le offerte di stage).
Un intervistato considera importante che l’azienda metta in evidenza i valori che interessano i giovani (ambiente, crescita personale, possibilità di conoscere ambiti diversi), essendo «accattivanti ma sinceri».
Cosa si aspettano in termini di leadership?
La quarta categoria di domande indaga il rapporto tra la generazione Z e il potere. In particolare si chiede agli intervistati se siano interessati a ruoli di leader e come vorrebbero fosse il loro capo.
In quale ruolo vi sentireste più a vostro agio, a un posto di comando o come collaboratori?
Degli intervistati, quattro hanno risposto che all’inizio ricoprirebbero un ruolo da sottoposti, per mancanza di esperienza e di adeguate competenze. Sentono infatti di poter ancora imparare, di aver bisogno di una guida, almeno all’inizio, e che poi «il ruolo che si prende nel gruppo emerge da sé».
Un’intervistata afferma di non tendere verso posizioni di leadership, ma di essere comunque in grado di assumere una posizione di potere nel caso in cui il gruppo di lavoro avesse bisogno di una guida. Un’altra si dice incline alla gestione dei gruppi, a far sviluppare le relazioni, e non preclude la possibilità di lavorare come sottoposta.
Due intervistati dichiarano di voler ricoprire ruoli di leadership nel caso in cui abbiano le competenze adeguate all’attività, al progetto da portare avanti. Il potere, infatti, comporta delle responsabilità: «un errore del singolo coinvolge tutti, quindi dipende dalle situazioni».
Come preferireste che fosse il vostro capo?
Agli intervistati è stata proposta una lista di aggettivi per descrivere le caratteristiche di una leadership ideale: debole, forte, autoritaria, condiscendente.
Fatta eccezione per due intervistati che hanno risposto rispettivamente forte ma non autoritaria e autorevole, la restante parte ha sottolineato l’importanza di un equilibrio tra le parti. Infatti, secondo gli intervistati, «troppo condiscendente si perde di ruolo nei confronti del dipendente». Debole, invece, sarebbe percepita come quasi assente, troppo forte incrinerebbe il rapporto lavorativo e la percezione del lavoro. Un'intervistata sottolinea di voler sentirsi libera di esprimere la propria opinione.
È stato poi giudicato importante che il leader sia assertivo e interessato ai suoi dipendenti, che fornisca giudizi positivi e critiche costruttive, e ascolti i pareri dei suoi sottoposti. Insomma, si predilige un rapporto più orizzontale, in cui il leader sia meno autoritario. Il che non vuol dire necessariamente che sia debole.
Un’intervistata individua nella figura del leader un «modello positivo e raggiungibile», che deve «sfidare e motivare il sottoposto a migliorare le sue capacità».
La generazione Z preferirebbe un capo coetaneo o della generazione precedente?
L'ultima domanda si chiede se la generazione Z si troverebbe a suo agio di fronte a un capo circa coetaneo o se invece preferirebbe un capo più anziano.
Quattro intervistati preferiscono che il capo sia più grande per diversi motivi. Innanzitutto, «sarebbe più facile vederlo come una figura guida». Inoltre, «tendenzialmente (anche se non è detto) ha più esperienza»: «se fossimo alla pari, non lo vedrei come un capo». L'importante è che abbia una mentalità aperta.
Un’intervistata dice che sarebbe disposta anche ad avere un capo suo coetaneo, purché il suo ruolo sia meritato. Per un’altra, non conta l’età quanto le capacità di leadership, l’empatia. Solo un’intervistata preferisce un capo della sua generazione, perché avrebbe una mentalità più aperta. Tre intervistati, da ultimo, non hanno una preferenza generale.
Conclusioni: aspettative della generazione Z
Per concludere, dunque, si direbbe che la generazione Z prediliga un’azienda privata, piuttosto grande, che abbia possibilità di crescita. Il clima lavorativo dovrebbe essere amichevole e produttivo, di fiducia e collaborazione.
Tutti gli intervistati, poi, preferiscono che l’azienda si trovi vicino al luogo di residenza. Quanto all’orario di lavoro, gli intervistati si dividono tra stabile e flessibile, purché non si tocchino i giorni liberi.
I valori individuali, inoltre, coincidono generalmente con i valori ricercati nell’azienda. In particolare, la generazione Z richiede rispetto della persona e dei diritti umani e ambientali, crescita e formazione, possibilità di esprimere la propria individualità. Competenze tecniche e capacità di lavorare in gruppo sono due aspetti della personalità che gli intervistati vorrebbero fossero messi in luce.
I principali canali che l’azienda dovrebbe impiegare per farsi conoscere dai futuri lavoratori sono LinkedIn e l’università.
Da ultimo, la generazione Z preferirebbe non assumere all’inizio un ruolo di comando per mancanza di esperienza e preferirebbe un leader presente ma non autoritario, possibilmente della generazione precedente in quanto si presume abbia più esperienza.
Entra in contatto con EvoForm Consulting
Per leggere altri nostri articoli clicca QUI.