Giovedì 21 Gennaio si è tenuto un Webinar sulla “Comunicazione in azienda”, condotto da Claudio Catalano Psicologo, nel quale si è parlato della comunicazione, evidenziando quegli aspetti che a volte sono un po’ trascurati, come alcuni errori che, anche inconsciamente, commettiamo.
Innanzitutto, la comunicazione è una modalità di trasmissione delle informazioni e di interazione sociale, questo significa che la comunicazione è in primo luogo un passaggio di informazioni da una fonte ad un ricevente.
Questa trasmissione di informazioni non è per forza intenzionale, infatti noi possiamo cogliere delle informazioni su una persona anche senza che questa stia parlando con noi.
La comunicazione infatti non è fatta di sole parole, ma agisce attraverso diversi canali: la comunicazione si divide infatti in verbale, paraverbale e non verbale.
Comunicazione in azienda: i canali
Comunicazione verbale
La comunicazione verbale è la comunicazione che passa attraverso l’utilizzo di lessico, parole e fonemi, spesso appartenenti ad un linguaggio, lingua o codice comune conosciuto da chi interagisce.
La comunicazione paraverbale è sempre legata al parlare ma non più all’uso delle parole ma al modo in cui queste vengono espresse, quindi è dato dal tono e dal volume della voce.
Comunicazione non verbale
Infine c’è la comunicazione non verbale che è la parte della comunicazione che non ha nulla a che fare con la parola e la voce, ma con il linguaggio del corpo, come ad esempio il gesticolare che spesso accompagna la conversazione o la postura che viene assunta in generale.
Questo tipo di comunicazione può essere percepito anche quando non c’è nessuna intenzione di comunicare qualcosa, ma ad esempio una persona che ad una festa si mette in un angolo con le braccia conserte da solo, comunica, non intenzionalmente, che questa persona forse non si trova a suo agio in quella situazione.
Quali sono le fonti di stress nella comunicazione in azienda?
La comunicazione può essere fonte di stress anche al di là del messaggio che è comunicato qualora questo fosse spiacevole.
Gli aspetti che possono dare fastidio sono legate principalmente all’aggressività e alla capacità del comunicatore di rispettare le norme e i ruoli. Usare un tono di voce alto può essere percepito come aggressivo mentre un tono eccessivamente basso e piatto può rendere l’ascolto più difficile. Così come un modo di parlare ambiguo può indisporre l’interlocutore che magari lo interpreta come un non prendere posizione per evitare di essere attaccato su alcune cose.
Anche un linguaggio del corpo non coerente con quanto si sta dicendo o che comunica un distacco dalla persona può essere intrepretato in maniera non positiva dall’interlocutore, così come una distanza non rispettata, ad esempio persone che non si conosco benissimo in genere non stanno a stretto contatto, non si appoggiano le mani sulle spalle (in questo periodo storico a maggior ragione poi).
Un comportamento sicuramente molto sbagliato e indisponente è il parlare sopra all’interlocutore, spesso lo facciamo senza accorgercene ed uno dei motivi principali per cui lo facciamo è che in genere in una conversazione non aspettiamo altro che dire la nostra, specie in discussioni o dibattiti dove non si è d’accordo.
Come ascoltiamo?
Come spiega il Dott. Claudio Catalano, Psicologo, ascoltare è più difficile di quanto si pensi, richiede uno sforzo cognitivo, dobbiamo velocemente sentire, vedere, capire ed elaborare ciò che l’altro ci sta dicendo. Il nostro cervello è un economizzatore cognitivo e quindi quando può, prova a ridurre il carico di lavoro cognitivo da fare, e di conseguenza, quando ascoltiamo è come se ci mettesse un filtro che ci fa focalizzare su alcuni aspetti, più salienti o che già conosciamo. Questo ha come effetto che quando ascoltiamo una persona, pur impegnandoci, c’è il rischio che non ascoltiamo effettivamente tutto ma ci ricordiamo solo alcuni aspetti.
Due tecniche legate all’ascolto che servono a far capire a chi ci parla che ha la nostra attenzione sono quelle del ricalco e della rielaborazione. Il ricalcoinfatti consiste nel ripetere le parole principali del discorso dell’altro. La rielaborazione invece consiste nel ripetere una specie di riassunto di quanto ascoltato rielaborando appunto quanto detto in una nuova prospettiva cercando di evidenziare dei passaggi, che possono essere passaggi di logica di relazioni causa effetto tra gli eventi per dare senso o aggiungere qualcosa al discorso.
Secondo il docente, Claudio Catalano, le tecniche di ascolto sono un modo adeguato per mostrare rispetto nei confronti del nostro interlocutore.
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