Strettamente associata al tecnostress è la Zoom fatigue. Essa "descrive la stanchezza, la preoccupazione o il burnout associati all'uso eccessivo di piattaforme di comunicazione virtuali”. Come altre esperienze associate alla pandemia di coronavirus (COVID-19), la fatica da Zoom è ampiamente diffusa, intensa e completamente nuova.
Diversi esperti hanno provato a trovare una spiegazione della Zoom Fatigue, tra cui esperti di acustica, economia e scienze sociali. I primi hanno ipotizzato, ad esempio, che l'audio possa essere uno dei motivi principali per cui le riunioni possono risultare dannose: infatti i ritardi di millisecondi nelle risposte verbali, virtuali, potrebbero influenzare negativamente le nostre percezioni interpersonali.
Gli esperti in economia, invece, attribuiscono la stanchezza a una predisposizione sottostante dipinta dal contesto pandemico, come l'aumento dello stress finanziario e la disoccupazione. È probabile che anche i fattori cognitivi contribuiscano alla fatica, poiché una maggiore capacità di multitasking virtualmente minaccia la nostra capacità di attenzione. L'esplorazione di tali eziologie multifattoriali ci ha portato a una comprensione più profonda delle fragili complessità che costituiscono le preziose interazioni sociali di persona che avevamo prima di COVID-19.
Qual è la spiegazione psicologica della fatica da Zoom?
Partiamo comprendendo meglio che cosa intendiamo per stanchezza mentale. Una componente psicologica fondamentale della fatica è un compromesso costi-benefici che avviene nella nostra mente inconsciamente. Fondamentalmente, a ogni livello di comportamento, viene effettuato un compromesso tra le probabili ricompense e i costi di impegnarsi in una determinata attività. Anche le decisioni minori, come premere il pulsante "Elimina" piuttosto che "Backspace" per cancellare una parola digitata, vengono prese sulla base di queste stime inconsce per massimizzare la ricompensa (ad esempio, il tempo) rispetto ai costi (ad esempio, lo sforzo). Il legame tra questa valutazione della ricompensa e l'affaticamento coinvolge l'attivazione dei percorsi dopaminergici nelle strutture cerebrali associate alla ricompensa, processo che aumenta la vigilanza soggettiva, l'energia e la motivazione, l'opposto di fatica.
In che modo il meccanismo della ricompensa è associato alla zoom fatigue?
Le interazioni sociali sono associate ai nostri circuiti di ricompensa. Ad esempio, le interazioni faccia a faccia dal vivo, rispetto a quelle a distanza, tramite un pc, sono associate a una maggiore attivazione nelle stesse regioni cerebrali coinvolte nella ricompensa. Inoltre, l’aumento della percezione di ricompensa, a sua volta, influisce sugli stessi percorsi neurologici che modulano la vigilanza rispetto alla fatica. Questa spiegherebbe l'affaticamento da Zoom.
Ad esempio, i ritardi audio inerenti alla tecnologia sono associati a percezioni più negative e sfiducia tra le persone, quindi è più probabile che la ricompensa percepita diminuisca in una videoconferenza.
Un altro esempio è lo sguardo reciproco diretto. Esistono prove solide di come il contatto visivo migliori la connessione: risposte più veloci, maggiore memorizzazione dei volti e maggiore simpatia e attrattiva. Questi strumenti che rendono le interazioni organicamente gratificanti sono compromessi dal video. In video, lo sguardo deve essere diretto verso la telecamera per creare un contatto visivo con l’altro. Non solo viene meno il meccanismo della ricompensa, ma aumenta anche lo sforzo cognitivo.
Quali sono gli elementi essenziali che rendono differente una chiamata Zoom da una conversazione face-to-face?
Prima di tutto ci perdiamo molta comunicazione non verbale. I nostri sentimenti e atteggiamenti sono in gran parte trasmessi da segnali non verbali come le espressioni facciali, il tono della voce, i gesti, la postura e la distanza tra i comunicatori. In una riunione faccia a faccia, elaboriamo questi segnali in gran parte automaticamente e possiamo comunque ascoltare l'oratore allo stesso tempo. Ma in una chat video, dobbiamo lavorare di più per elaborare i segnali non verbali. Prestare maggiore attenzione a questi consuma molta energia. Inoltre, negli incontri faccia a faccia facciamo molto affidamento su segnali non verbali per esprimere giudizi emotivi, come valutare se un'affermazione è credibile. Acquisiamo automaticamente informazioni quali: la persona si agita? Affidarsi prevalentemente alle informazioni verbali per dedurre le emozioni di altre persone è stancante per noi.
Di persona, si manifestano dinamiche che da remoto non possono verificarsi: incontrare persone e avere un confronto diretto con loro. Invece a casa potremmo solo lavorare su un compito e passare subito a Zoom, spesso senza fare pause. Inoltre, camminare è noto per migliorare la creatività, evidenziando l'importanza delle discussioni mentre si cammina alle riunioni, ci si sposta durante la riunione e si tengono le ormai popolari riunioni in piedi. Inoltre, l'ambiente fisico funge da impalcatura cognitiva, in quanto attribuiamo determinati significati alle sale riunioni. Questo cambia sottilmente il nostro comportamento. Ciò può includere ancoraggi ad argomenti importanti come la creatività e la risoluzione dei problemi.
Guardare la nostra faccia è stressante. L'accentuata enfasi sui segnali facciali e la capacità di vedere se stessi può anche agire come un fattore di stress. Visualizzare le nostre espressioni facciali negative, come rabbia e disgusto, può portare a emozioni più intense rispetto a quando si guardano espressioni facciali simili negli altri.
Una domanda che può sorgere durante le videochiamate è: stai ascoltando o sei congelato? Il silenzio nella conversazione nella vita reale è importante e crea un ritmo naturale. Ma durante una videochiamata, il silenzio può renderti ansioso. Anche un ritardo di 1,2 secondi nella risposta online ha fatto sì che le persone percepissero la persona che parlava come meno amichevole o concentrata. Inoltre, la frustrazione per le persone che accendono e spengono i microfoni, le connessioni in ritardo e il rumore di fondo rendono la riunione poco fluida.