Negli ultimi decenni la tecnologia ha sempre più invaso la vita non solo quotidiana ma anche quella lavorativa. Soprattutto le app, moderna definizione dei più classici programmi applicativi (APPlication), sono riuscite ad essere protagoniste di infiniti utilizzi grazie alla loro semplicità. Whatsapp ad esempio, app di messaggistica istantanea proprietà di Facebook, ha trasformato il modo di comunicare a distanza tra le persone, compresi i professionisti, per i quali la comunicazione e il marketing sono da sempre fondamentali per il successo della loro attività. Una tra le app più promettenti a tal proposito è Telegram: app di messaggistica main competitor di Whatsapp, è stata creata dall’imprenditore russo Pavel Durov nel 2013. Secondo i dati AudiWeb, agenzia di rilevazione consumi digitali, Telegram ha acquisito negli ultimi tre anni una crescita del +200% di utenti, nello stesso periodo temporale in cui Whatsapp ha registrato un incremento del +25%. Tali dati suggeriscono Telegram come app del futuro, interessante non solo per la sua funzione di messaggistica istantanea, ma soprattutto per le sue funzionalità che offrono allo stesso tempo editor di blog, canali ed addirittura chatbot, miniprogrammi interattivi che simulano una conversazione su chat, e che fanno di quest’app un’ulteriore arma nell’arsenale comunicativo del professionista, psicologo compreso. Ma quali sono quindi le caratteristiche funzioni di Telegram? Studiamole insieme.
Canali, vetrine digitali
I canali Telegram sono degli spazi virtuali in cui vige una comunicazione uno-a-molti: il creatore del canale (o gli amministratori) sono gli unici che possono pubblicare contenuti al suo interno, mentre gli utenti, una volta iscritti, possono solo recepirli passivamente, senza partecipazione attiva. Per smussare questo limite è possibile implementare la funzione dei commenti e/o una scala di emoticon di apprezzamento (al pari di facebook) sotto ogni contenuto pubblicato, per poter aumentare il coinvolgimento del pubblico. Ad esempio, un canale in cui vengono proposti i vari servizi offerti suddivisi per categoria di utilizzo potrebbe rivelarsi utile per presentare i servizi offerti in modo chiaro, targettizzando la clientela in base alla domanda.
Gruppi, piazze virtuali
I gruppi Telegram, a differenza dei canali, adottano una comunicazione molti-a-molti: il fondatore e gli amministratori insieme ai membri del gruppo possono interagire tra loro su un unico spazio, condividendo qualsiasi tipo di contenuto, senza limiti di dati imposta dal dispositivo d’utilizzo, in quanto Telegram salva i contenuti condivisi in cloud. Inoltre, possono essere implementate le funzioni aggiuntive menzionate per i canali. I gruppi possono essere utili per affiatare la clientela, creando una community in cui poter avviare e ravvivare una interazione mirata alla fidelizzazione (ad esempio accesso a gruppi riservati per certi tipi di clienti) e rafforzamento del legame tra clienti e professionista/azienda.
Bot & chatbot, alleati ideali
I Bot, diminutivo di robot, ovvero programmi progettati per svolgere in modo automatico attività altrimenti deputate all’uomo, non sono nati con Telegram, ma sono storicamente presenti a partire dagli anni ’50. Ciò che ha alimentato il binomio tra bot e Telegram è stato l’uso che l’app russa ha proposto. Grazie al servizio gratuito botfather, qualsiasi utente può creare il proprio bot su Telegram, dotandolo di comandi e funzioni proporzionate all’ abilità di programmazione del creatore. Per aggirare i limiti di conoscenza tecnica, negli ultimi anni sono sempre di più i software capaci di offrire la possibilità di programmare dei bot in modo semplice, riuscendo a raggiungere funzionalità anche complesse. Tra queste, è da menzionare la funzione che rende i bot dei chatbot, capaci di seguire una conversazione attraverso l’Intelligenza Artificiale (Artificial Intelligence, AI) che permette di anticipare ciò che scrive l’utente umano, riuscendo quindi a rispondere in modo verosimile ed offrire un servizio interattivo. I chatbot potrebbero fungere ad esempio da assistenza clienti, assistente professionale, somministratore di indagini ed interviste. Ovviamente si sprecano i potenziali utilizzi di questa tecnologia, ancora poco diffusa. Di seguito vengono menzionati solo degli esempi di utilizzo vicini al contesto psicologico, ovvero di chatbot nel mondo delle Risorse Umane.
Wendy
Prodotto da Wade&Wendy, è un chatbot con una forte componente di AI, che automatizza le fasi di pre-reclutamento di candidati, come la ricerca dei profili ideali per un determinato lavoro; servizio di assistenza per quei candidati che richiedono informazioni sulla posizione; di parafrasi in-chat istantanea del gergo tecnico usato dal candidato.
Mya
Prodotto dall’omonima compagnia, è anch’esso un chatbot dotato di complessa AI, e come Wendy assiste l’intero processo di reclutamento: dalla fase di reperimento dei candidati, alle fasi di selezione e pianificazione assunzioni. In aggiunta, può essere implementato nel sistema informatico interno delle grandi aziende, fungendo da assistente virtuale per tutti i dipendenti extra settore Risorse Umane.
Limiti
Come tutte le macchine, anche i bot non si esimono dalle pecche della loro natura artificiale. Ideati per sostituire le persone nelle attività più umane come la conversazione, sono destinati a perderne il confronto. La clientela infatti, comportandosi come se stesse interagendo con una persona reale, mette a dura prova l’IA dei bot, che finiscono a lungo andare per fraintendere o non recepire i comandi dati dall’uomo, portando i bot/chatbot a non potersi candidare come sostituti ma piuttosto come supporti dell’azione umana.
Conclusione
Quanto detto sin ora non deve interpretarsi come una sentenza di perenne subalternità dei bot (e dell’IA) rispetto all’essere umano. Frontiere avanzate di queste macchine, come il progetto Neon di Samsung ( https://www.neon.life/ ), potranno un giorno davvero essere efficaci quanto se non di più dell’uomo, mettendo a rischio la sua insostituibilità nel lavoro, settore dei servizi compreso.
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